E i Nobel diventano un intrattenimento: Indagine sul rapporto fra la scienza e l’informazione. Il sociologo vicentino Bucchi a Stoccolma
Il Giornale di Vicenza, Domenica 5 Ottobre 2003
di Gianmaria Pitton
I migliori scienziati del mondo a “lezione” da un giovane sociologo italiano. Anzi, vicentino, sia pure di adozione: Massimiano Bucchi, 33 anni, è originario di Arezzo ma vive a Cresole, frazione di Caldogno. È ricercatore all’università di Trento, facoltà di sociologia, ed è considerato fra i maggiori esperti di sociologia della scienza. A Vicenza lavora per il centro studi Observa, che si occupa dei rapporti tra la comunità scientifica, i decisori politici e l’opinione pubblica. Ha pubblicato, tra l’altro, Vino alghe e mucche pazze: la rappresentazione televisiva del rischio (Eri, 1999) e Scienza e Società (Il Mulino, 2002).
Domani e martedì Bucchi terrà due lezioni all’Accademia delle Scienze di Stoccolma, durante la settimana in cui vengono annunciati i Nobel scientifici: martedì sarà svelato il nome del vincitore – o dei vincitori – del Nobel per la fisica, mercoledì quelli per la chimica e l’economia.
L’evento attira a Stoccolma, oltre ai membri dell’Accademia (al cui insindacabile giudizio è affidata la scelta degli scienziati meritevoli del Nobel), anche numerosi studiosi da tutto il mondo. Massimiano Bucchi parlerà dell’immagine che hanno sulla stampa italiana e inglese i premi Nobel, in particolare quelli scientifici, facendo un confronto tra il Corriere della Sera e il Times.
«L’idea ci è venuta nel ’98 – spiega Bucchi – Mi stavo già occupando di sociologia della scienza, e assieme a Federico Neresini, con cui collaboro per Observa, abbiamo pensato di capire come il Nobel viene raccontato dai media. È un’occasione significativa perché la gente comune senta parlare di scienza. Poi abbiamo potuto studiare un caso del tutto particolare: Renato Dulbecco, Nobel per la medicina nel ’75, ha partecipato al Festival di Sanremo del ’99. Abbiamo fatto un’indagine, illustrata poi in un articolo apparso su “Problemi dell’informazione”».
– Quali sono stati i risultati?
«Anche i più assidui spettatori del Festival, alla fine, non sapevano quale tipo di scienziato fosse Dulbecco. Il fatto cioè di averlo visto per più giorni in televisione non ha aumentato il grado di conoscenza scientifica, rispetto a chi Sanremo non l’aveva visto per nulla. I contenuti non sono passati. Abbiamo quindi allargato il campo di indagine consultando due annate del Corriere della Sera e del Times, cercando tutti gli articoli che parlassero del premio Nobel e dei vincitori».
– Quali conclusioni avete tratto?
«La scienza in Italia viene fruita, da parte di lettori e spettatori, soprattutto come intrattenimento. Il caso di Dulbecco è emblematico: ne è stato fatto un personaggio, quasi un divo, sia pure un po’ stravagante, ma a pochi interessava cosa realmente facesse, quale fosse il suo campo di studi. Così per gli altri Nobel italiani, come Rubbia o Rita Levi Montalcini, che vengono consultati sugli argomenti più disparati: il premio è percepito come una certificazione di autorevolezza, e diventa un passaporto di visibilità. Il Nobel è un “guru”, che dà la sua benedizione di saggio».
– E in Inghilterra?
«Il Times fa una copertura giornalistica del Nobel molto più asciutta, ma anche più scientifica. Lo scienziato non diventa un personaggio da spettacolo, se ne parla per quello che è. La personalizzazione è tipica del sistema mediatico italiano».
– La ricerca proseguirà?
«Sì. Il nostro obiettivo, non facile, sarebbe riuscire a coprire attraverso i media tutta la storia del premio Nobel, che ha più di un secolo. Inoltre, vorremmo concentrarci su casi particolari, ad esempio sui Nobel scientifici italiani, che finora sono stati undici. Alcuni sono notissimi, ma chi si ricorda di Giulio Natta, Camillo Golgi, Salvador Luria?».
6 Ottobre: Massimiano Bucchi su Radio24.
Per ascoltare l’intervista, clicca qui (il file è in formato .ram)