Negli ultimi tempi il dibattito sull’agenda della ricerca è stato praticamente monopolizzato dalla questione delle cellule staminali embrionali. Tema di indubbia valenza anche simbolica, ma che rischia di far passare in sordina il contesto più ampio delle priorità e obiettivi della ricerca europea. Priorità e obiettivi che per i prossimi sette anni indirizzeranno in modo sostantivo il lavoro dei ricercatori di tutta Europa (e quindi anche di quelli italiani) con ricadute non trascurabili sulle vite degli stessi cittadini. E’ infatti arrivato nelle fasi cruciali il lungo iter di approvazione del Settimo Programma Quadro, il principale strumento con cui l’Unione Europea finanzierà la ricerca e lo sviluppo per il periodo 2007-2013. Un iter iniziato quasi un anno e mezzo fa con la prima bozza proposta dalla Commissione. Dopo che il Parlamento Europeo si è espresso una prima volta in giugno e il Consiglio dell’Unione Europea ha raggiunto un accordo tra gli stati membri, infatti, la Commissione ha emendato il testo, che tornerà in Parlamento in autunno prima di diventare operativo: a inizio 2007 i ricercatori infatti attendono i primi bandi per presentare le proprie proposte di finanziamento.
Il programma prevede un budget complessivo di oltre cinquantamila milioni di euro (inizialmente la proposta era di portarlo addirittura a oltre settantamila milioni). Tra i temi prioritari spiccano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che da sole assorbiranno un terzo delle risorse disponibili per la cooperazione tra ricercatori di diversi paesi e un quinto del totale (oltre novemila milioni), la salute (circa seimila milioni), i trasporti (quattromila milioni), nanoscienze e nanotecnologie (tremilacinquecento milioni). Poi energia, ambiente, cibo e biotecnologie agroalimentari, spazio e sicurezza, scienze umane e sociali. Alla ricerca sulle cellule staminali dovrebbe andare lo 0,7% dello stanziamento totale. Un fondo speciale di settemila milioni sarà destinato ad attività di ricerca di particolare eccellenza e sarà supervisionato dal neonato Consiglio Europeo della ricerca.
Pochissimo di queste priorità si è parlato e dibattuto nei media e pubblicamente, da parte di scienziati, politici e della stessa opinione pubblica. Rispecchiano maturità e promesse dei rispettivi settori scientifici e tecnologici? Opportunità di competizione e cooperazione con Stati Uniti e Paesi asiatici? Priorità e obiettivi politici ed economici di cittadini e imprese? A quali complesse negoziazioni e compromessi – o addirittura scontri – tra Stati, comunità di ricerca, lobbies industriali e organizzazioni non governative (ambientalisti, consumatori) risponde il quadro ormai in via di approvazione?
Recentemente, ad esempio, accese polemiche si sono scatenate allorché l’esecutivo europeo è stato accusato di ignorare la decisione del Parlamento di dedicare i due terzi dei fondi destinati all’energia non nucleare alle energie rinnovabili e al risparmio energetico, finanziandole con oltre 200 milioni di euro l’anno; impegno fortemente sostenuto dai parlamentari verdi e dalle industrie attive in settori quali l’energia eolica. Tensioni anche sull’attribuzione di 2700 milioni ad Euratom per ricerche nel settore dell’energia nucleare.
Si lamenta spesso, da più parti, una scarsa attenzione del pubblico ai temi della ricerca e dell’innovazione. Non sarebbe questa una straordinaria occasione per informare e discutere su decisioni destinate a incidere sul futuro della ricerca, e quindi anche su quello di tutti noi?