La Commissione Europea, in collaborazione con il Semestre di Presidenza Greco e il Centro Ellenico per il Controllo delle Malattie Infettive, ha tenuto ad Atene il 9 e 10 giugno scorsi una conferenza dal titolo “Consulenza scientifica, gestione delle crisi e mass media”.
Gli interventi erano indirizzati a scienziati, giornalisti e decisori politici, con due obiettivi principali: in primo luogo, individuare le giuste pratiche da mettere in atto nel presentare al pubblico i rischi legati alla scienza, e in seconda battuta discutere dell’impatto sociale della comunicazione e dei rischi stessi nelle situazioni critiche.
Dopo una tormentata stagione di crisi alimentari (vedi Mucca Pazza e polemica sugli OGM) e praticamente in contemporanea allo scandalo SARS, si trattava per i delegati di fare il punto della situazione e di fornire linee guida per l’azione futura, dato che le situazioni di rischio legate a problematiche e temi scientifici sono ormai considerati inevitabili e all’ordine del giorno.
La preoccupazione maggiore dei discorsi tenuti è sembrata quella di riuscire a individuare delle modalità di rapporto con le crisi in un contesto in cui i media rivestono un ruolo molto delicato. Come ogni strumento della tecnica, infatti, anche i mezzi di comunicazione di massa soffrono di un’ambivalenza congenita: se usati bene possono apportare notevoli benefici, viceversa, se usati male, possono amplificare la portata delle crisi. E a quanto è emerso dagli interventi dei delegati, il rapporto mass media-scienza non gode affatto di ottima salute. L’accusa generale rivolta al mondo scientifico è stata quella di considerare media e giornalisti come un nemico da combattere, piuttosto che come una risorsa da sfruttare. Si è messa in evidenza, insomma, la necessità, finora disattesa dagli scienziati, di venire a patti con le logiche e le caratteristiche dei media. Ciò per forza di cose non può avvenire solo nel momento in cui lo scienziato è in qualche modo costretto a comparire nell’arena mediatica per spiegare le cause di una crisi, ma deve piuttosto realizzarsi all’interno di un rapporto di collaborazione continua, che permetta di mettere a punto meccanismi di reazione alle crisi prima che queste siano già scoppiate. A questo proposito, nel pomeriggio della prima giornata di lavori, l’ex anchorwoman della BBC Deborah Hall, ha tenuto un seminario di formazione con l’obiettivo di familiarizzare gli scienziati presenti con le caratteristiche del mezzo televisivo e con le necessarie abilità da sviluppare per affrontare il discorso in pubblico.
Si profila quindi uno scenario in cui lo scienziato deve mantenere relazioni non solo con il mondo politico, per fornire la sua consulenza, ma anche con il mondo dei media e conseguentemente con il pubblico. Quest’ultimo fattore si rivela importante, lo ha sottolineato Stephanie Bird del MIT, anche per fornire le necessarie basi etiche alla comunicazione della scienza. Comunicare con il pubblico solo nelle situazioni di crisi non permette infatti di informare sui valori che sottostanno alle decisioni sia degli scienziati che dei politici, contribuendo ad aumentare il senso di incertezza e ansia presente nel pubblico nel momento in cui qualcosa non va come dovrebbe andare. Non c’è da sorprendersi, in un tale contesto, se c’è un forte calo della fiducia nelle istituzioni rilevato in tutta Europa.
Naturalmente anche la scuola e la formazione devono fare la loro parte. Durante gli interventi si è sottolineata la necessità di aggiornare costantemente i programmi d’insegnamento delle materie scientifiche, così da poter fornire delle buone basi di conoscenza scientifica alle future generazioni.
Siamo, lo si può intuire facilmente, ad una fase embrionale di comunicazione della scienza. Quest’ultima infatti, per definirsi tale, non deve costituire un flusso di informazioni monodirezionale, dall’alto verso il basso, dagli scienziati verso il pubblico, ma provvedere ad un vero dialogo tra tutte le parti coinvolte nel processo. Scienziati, mass media, decisori politici e pubblico devono insomma poter dialogare il più possibile alla pari, in maniera continuativa, per poter dar vita ad un sistema veramente democratico e partecipativo. La Commissione Europea, con il suo Piano d’Azione per Scienza e Società, sta tentando di venire incontro a queste necessità e, oltre a organizzare incontri come quello di Atene, sta mettendo a punto una rete di comunicazione e interscambio chiamata SINAPSE (Scientific INformAtion for Policy Support in Europe), che dovrebbe operare come strumento per facilitare lo scambio di informazioni tra la comunità scientifica e gli altri attori coinvolti nella discussione di tematiche scientifiche.
Per informazioni sulla conferenza di Atene è possibile consultare il sito web
http://www.sacrimm2003.gr
Per approfondimenti sul piano d’azione della Commissione Europea per Scienza e Società è possibile consultare il sito http://www.cordis.lu/science-society