Estratto da un capitolo in uscita nel volume, di imminente pubblicazione, I mondi di Miyazaki. Percorsi ed esplorazioni negli universi animati dell’artista giapponese, a cura di Matteo Boscarol, Mimesis edizioni.
Si alza il vento, l’ultimo film di Miyazaki Hayao, è ispirato a due fonti eterogenee. La prima è il racconto autobiografico di un ingegnere, Horikoshi Jiro, celebre per aver costruito il formidabile aereo da combattimento Zero Fighter utilizzato nelle battaglie della Seconda guerra mondiale; la seconda il romanzo The Wind Has Risen (Kaze Tachinu) dello scrittore giapponese Hori Tatsuo, che narra con toni lirici la malattia (tubercolosi) della donna amata. Il fatto che entrambi i libri siano autobiografici getta una luce sulla natura non solo “testamentaria” ma anche particolarmente personale e sincera che lega Miyazaki al suo lavoro conclusivo. La storia di una coppia di innamorati e di una malattia e quella di un uomo appassionato di aerei: il film di Miyazaki si solleva sulla spinta di questi soffi, che il regista sceglie di combinare anche se in apparenza non hanno niente in comune.
Il libro di Horikoshi Eagles of Mitsubishi. The Story of the Zero Fighter è essenzialmente la “autobiografia di un’invenzione”. Non parla tanto della vita di Horikoshi, ma del percorso che lo ha portato a progettare lo Zero Fighter. Tutto passa in secondo piano rispetto alla storia di questo geniale e temibile progetto. In Si alza il vento l’invenzione viene invece messa in dialogo con l’amore di un bambino per gli oggetti volanti.
In Eagles of Mitsubishi non c’è inoltre menzione dell’ingegnere italiano Giovanni Battista Caproni, personaggio centrale di Si alza il vento, dove compare diverse volte in sogno al protagonista. Il congedo dal cinema del regista giapponese si configura quindi anche come un omaggio a una personalità capace di “far sognare”, di entrare nei sogni per illuminarli. Non è il primo tributo di Miyazaki al genio italiano, già presente nel nome della sua casa di produzione (che deriva dall’aeroplano Caproni Ca.309 Ghibli) e in Porco Rosso, tutto impregnato della stupita fascinazione del regista per la storia italiana, il suo stile, il suo design, i suoi miti. La prima scena del film mostra il porco italiano che ozia in riva al mare, dove è ormeggiato il suo idrovolante. Tiene a portata di mano un bicchiere di vino, una rivista di cinema e una radio che trasmette musica lirica. Ma l’Italia è rappresentata anche nelle sue dottrine, da quelle più tradizionali come il familismo a quelle più gloriose come l’anti-fascismo (due battute: “Per i maiali non c’è né patria né legge”; e soprattutto la celebre: “Piuttosto che diventare un fascista meglio essere un maiale”).
Gianni Caproni non è però certo un anti-eroe anarchico alla Porco Rosso ma una figura solcata dai tratti dell’ambiguità, sia per come appare in Si alza il vento sia a livello biografico. Jiro chiama Caproni “conte”, un’onorificenza – “Primo Conte di Taliedo”, essendo Taliedo il campo dove aveva sede l’aerodromo – accordatagli da Mussolini in persona. Il motto coniato da Gabriele D’Annunzio per la Caproni, “Senza cozzar dirocco” (parafrasabile come “dall’alto distruggo”), tenta di essere gagliardo e militaresco ma finisce solo per suonare codardo (una vera onta per un dannunziano). Per poter considerare Caproni un maestro e un ispiratore occorre dimenticare tutto questo e concentrarsi solo sui suoi aerei. È il tratto di feticismo che affligge Jiro e coinvolge probabilmente anche Miyazaki, la cui “passione tecnologica pura” trasuda, in Si alza il vento, nella meticolosità dell’illustrazione degli aerei, che assume tratti da disegno tecnico.
Caproni è anche la figura che permette a Jiro di verbalizzare i suoi dilemmi etici per superarli. I sogni in cui appare Caproni esprimono sempre una dimensione dubitativa rispetto ai compiti o alla vocazione del progettista. La filosofia di Caproni è piuttosto semplice e definita: i bei sogni vanno coltivati anche a prescindere della loro realizzazione e dall’uso che ne viene fatto. L’aviazione, in particolare, viene descritta da Caproni come un grande sogno dell’umanità purtroppo destinato a essere sfruttato a fini bellici: “Gli aerei sono sogni maledetti che attendono che il cielo li ingoi”.
Il gemellaggio tra Jiro e l’ingegnere italiano si basa anche su una comunanza sociologica: tanto il Giappone quanto l’Italia – afferma Caproni nel film – sono nazioni arretrate. Del Giappone si diceva che era solo in grado di copiare (o contraffare) le tecnologie più avanzate di altri Stati. Il successo nell’innovazione viene perciò considerato uno strumento di riscatto collettivo. L’orgoglio che il vero Horikoshi nutre per la sua creazione contiene un sentimento di rivalsa nazionale. Nel suo libro scrive: “sicuramente, in senso più largo, lo Zero è stato un prodotto degli sforzi e delle idee di tutti i giapponesi dell’epoca e non solo di quelli incaricati della progettazione”. Da arretrato a tecnologicamente all’avanguardia: Si alza il vento racconta un primo scatto nella grande trasformazione industriale e socioculturale del Giappone, presto e solo provvisoriamente affossata dall’esito della guerra.