Più di un italiano su due (56,1%) resta convinto del fatto che l’Italia non dovrebbe puntare sull’energia nucleare. Tuttavia, se si tiene conto della chiusura pressoché totale registrata nel nostro Paese su questo tema a partire dal referendum del 1987, vale la pena di notare che il 22,1% ritiene che invece l’Italia dovrebbe investire sul nucleare in campo energetico, e un altro 21,8% non ha un’opinione chiara.
Chi ritiene che il nucleare rappresenti nuovamente un investimento strategico per l’Italia indica come motivazioni della propria opinione soprattutto l’insufficienza delle attuali fonti energetiche (29,8%) e il fatto che anche le centrali termoelettriche inquinano (26,1%). Lievemente meno citate come motivazioni la necessità di non dipendere eccessivamente dai paesi produttori di petrolio e il fatto che altri paesi industrializzati abbiano centrali nucleari (22% ciascuna).
Chi è contrario a riprendere in considerazione la scelta del nucleare cita come motivazione in quattro casi su dieci (42,4%) la disponibilità di fonti alternative, poi la difficoltà di smaltire le scorie radioattive (32,3%). La scarsa sicurezza delle centrali nucleari è indicata da un contrario su tre (32,3%) mentre solo il 4,9% pensa che il nucleare non sia una strada percorribile perché nessun comune vorrebbe una centrale nucleare nel proprio territorio.
Tra gli incerti, la grande maggioranza (78%) ritiene di non avere la competenza per decidere; il 22% crede invece che i pro e i contro del nucleare si equivalgano.
La rilevazione è stata condotta su un campione di 876 soggetti, rappresentativo della popolazione italiana sopra i 18 anni, sotto la supervisione scientifica di Federico Neresini (Università di Padova), Massimiano Bucchi (Università di Trento) e Giuseppe Pellegrini (Università di Padova).