La circolazione del sapere tra scienziati è una condizione essenziale per l’esistenza del sistema scienza. Sebbene una delle figure presenti nell’immaginario collettivo moderno sia quella dello scienziato pazzo asociale che si diverte rinchiuso in un laboratorio a condurre esperimenti arcani, scopriamo come in realtà esso sia un comunicatore per vocazione. Con questo non si intende affermare che il ricercatore o lo scienziato, che dir si voglia, sia un chiacchierone ossessionato dal chiacchiericcio; si vuole dire invece che egli usa al meglio gli strumenti comunicativi per poter rendere noto il proprio apporto alla conoscenza.
Uno degli strumenti comunicativi più usati nell’ultimo secolo dagli scienziati è l’articolo scientifico pubblicato su una rivista periodica specialistica dotata di peer review. Le riviste in questione si distinguono da quelle divulgative in quanto viene evidenziato il processo di peer review che vede sottoposto l’articolo (inviato dal ricercatore o dall’équipe di ricerca) al giudizio di uno o più esperti della materia. Se tale articolo passa il giudizio degli esperti competenti a giudicare (detti referee) allora potrà essere pubblicato nella rivista corrispondente.
Questo meccanismo ha garantito che, con l’aumento esponenziale delle riviste scientifiche nell’ultimo secolo, venisse preservato un metodo di valutazione interno alla scienza, che permettesse un’autoregolazione da parte degli scienziati sulla conoscenza prodotta e diffusa.
Ma con l’incremento costante delle riviste scientifiche si è verificato un fenomeno particolare nel mercato dell’editoria scientifica. Dalla seconda metà del 1970 in poi i prezzi per gli abbonamenti alle riviste cartacee sono aumentati in maniera più che proporzionale rispetto all’inflazione. Da una ricerca commissionata dalla American Research Libraries (ARL), un’associazione che comprende 120 biblioteche statunitensi appartenenti ai più importanti istituti di ricerca, si è stimato che tra il 1986 e il 2000, le biblioteche appartenenti alla ARL hanno visto triplicare l’ammontare della spesa per la letteratura scientifica, e diminuire del 7% il numero di testate acquisite . Il crescere continuo dei prezzi delle riviste si è associato alla concentrazione delle testate editoriali in poche ed enormi case editrici. Questa situazione, chiamata comunemente Journals Crisis, ha creato una situazione di mercato privilegiata in cui la domanda, rappresentata principalmente dalle biblioteche e dagli istituti di ricerca, si trova costretta a subire gli aumenti di prezzo delle riviste essenziali per i ricercatori e, quindi, per la ricerca stessa. Le biblioteche hanno visto diminuire perciò il numero di testate acquistabili, dato il crescere continuo dei prezzi e del numero di pubblicazioni a fronte di una generale impossibilità ad aumentare i fondi.
Si è creata così una situazione di crisi che vede coinvolti sia gli scienziati, principali fruitori degli articoli scientifici, sia le biblioteche come organizzazioni elette nello svolgere il ruolo di acquisizione ed archiviazione del sapere scientifico in particolare.
Che gli scienziati sentano la necessità di diffondere il proprio lavoro tramite articoli scientifici lo dimostra una pratica che si è instaurata tra fisici e matematici negli ultimi 50 anni. Soprattutto in queste due particolari discipline, i ricercatori non aspettano di vedere pubblicati i propri lavori su rivista per rendere noti i risultati delle ricerche condotte. Tra colleghi si usa spedire gli articoli in forma di pre-print, ovvero di articolo non ancora pubblicato su rivista e quindi non ancora passato al vaglio del peer-review. I motivi sono molteplici, ma uno fra tutti è la volontà di accelerare i tempi di circolazione del sapere scientifico, visto che per la pubblicazione su rivista in Fisica si parla di una media di qualche mese, in Matematica c’è chi aspetta addirittura anni per vedere pubblicati i propri lavori .
A questa esigenza si è legata l’introduzione di un nuovo mezzo di comunicazione che permette di aumentare la velocità di comunicazione: il mezzo elettronico e la rete Internet in particolare.
Con la diffusione del mezzo elettronico sono nate numerose iniziative volte a superare la Journals Crisis, una in particolare ha suscitato un ampio dibattito tra scienziati e addetti ai lavori: la Subversive Proposal di Stevan Harnad . Harnad, nel 1994, ha proposto a tutti i ricercatori, in un messaggio diffuso in una lista di discussione online , di imitare un archivio elettronico come ArXiv nato nel 1991 per la Fisica delle alte energie e di archiviare liberamente, senza barriere di sorta i propri scritti online, in modo da renderli disponibili alla lettura per chiunque fosse interessato. ArXiv è l’archivio online tuttora più utilizzato nel mondo scientifico . L’intenzione di Harnad, che anima tuttora il dibattito, è quella di rendere disponibile in Rete il materiale scientifico e di abbattere perciò tutte le barriere all’accesso presenti in un mercato editoriale legato alle riviste scientifiche. Una fra tutte è data dal Copyright, che impone al ricercatore di non divulgare il proprio scritto una volta che questo è inviato alla rivista per la pubblicazione. A questo Harnad e molti altri ricercatori rispondono che il sapere prodotto dalle ricerche scientifiche non è un sapere “direttamente vendibile”, come può essere un romanzo od un disco musicale, in quanto il ricercatore ha come fine la massima diffusione della propria ricerca tra gli scienziati e il riconoscimento della bontà di tale lavoro al di là di un ritorno economico diretto. Il Copyright e la pubblicazione legata alla sola rivista costituirebbero perciò una barriera all’accesso che diventa sempre meno valicabile se il prezzo delle riviste aumenta vertiginosamente.
Gli argomenti di discussione legati alla Journals Crisis sono aumentati e si sono affinati col tempo, al pari delle iniziative promosse, in particolare da enti di ricerca (biblioteche ed istituti) e da ricercatori, con l’intento di superare tale crisi. Le iniziative sono state da noi riassunte in due filoni principali.
Il primo è definibile come Free Access, che si rifà all’archivio ArXiv ed ha come scopo l’archiviazione online di articoli scientifici, archivi accessibili gratuitamente, alcuni esempi possono essere PubMedCentral o BioMedCentral. La distinzione principale da fare è quella tra archivi che accettano l’archiviazione di articoli non ancora pubblicati su rivista (pre-prints) e archivi che accettano solamente articoli pubblicati (post-prints). Tale distinzione risulta poi fondamentale in quanto evidenzia il diverso valore attribuito al processo di peer-review dalle diverse iniziative. Tra le iniziative Free Access vi è poi la Open Archives Initiatives che intende il libero accesso come fruibilità del mezzo elettronico, ovvero come creazione di una architettura web che permetta la compatibilità tra i vari archivi di materiale presenti in Rete.
Vi sono poi, iniziative legate allo schema tradizionale della rivista scientifica volte alla creazione di riviste dotate di un formato solamente elettronico in modo da sfruttare l’economicità del mezzo. Un esempio tra tutti di una rivista elettronica che ha ottenuto un buon successo è il Journal of High Energy Physics che ha ottenuto un certo riconoscimento dalla comunità scientifica. Si sono create poi organizzazioni ibride come High Wire Press che è l’esempio più conosciuto di modello editoriale in cui un’istituzione pubblica come l’Università di Stanford mette a disposizione le proprie competenze per lanciare un’iniziativa imprenditoriale nel campo dell’editoria scientifica coadiuvando la nascita di nuove riviste elettroniche.
Ma a fronte di questo cambiamento, qual è l’atteggiamento degli scienziati? Da quanto emerso da una ricerca condotta tramite interviste semi-strutturate effettuate a 12 ricercatori dei dipartimenti di Fisica e Matematica dell’Università di Trento, risulta che nonostante l’uso del mezzo elettronico sia ampiamente diffuso principalmente tra i ricercatori di Fisica, i quali utilizzano quotidianamente ArXiv, ed in seconda battuta tra i ricercatori di Matematica, la conoscenza della Journals Crisis è debole e ritenuta materia per esperti, ovvero bibliotecari. Ma il dato più significativo è la posizione assunta dalla maggior parte dei ricercatori nei confronti del peer-review. Se in un primo momento, di fronte alla possibilità di archiviare i propri lavori online senza la necessità del peer-review tutti si dichiarano contrari affermando l’essenzialità di un meccanismo di autoregolazione, approfondendo la questione troviamo come in realtà l’atteggiamento dei ricercatori sia molto critico rispetto a tale meccanismo. Tanto che un ricercatore intervistato dichiara: “…ora con questo sistema dei pre-prints ci sono già una o due generazioni di articoli che hanno tratto ispirazione, o comunque qualcosa, dal pre-print prima ancora che venga pubblicato…” affermando di fatto come il peer-review possa essere scavalcato dal giudizio stesso del singolo ricercatore. Un altro intervistato sottolinea inoltre come l’aumento costante delle riviste pubblicate porti ad una diminuzione del valore del peer-review stesso: “…il problema del referaggio era magari più importante un po’ di anni fa quando il numero di pubblicazioni era ridotto, adesso ci son talmente tante pubblicazioni che vengono pubblicate su talmente tante riviste, che anche lo screening da parte dei referee è uno screening abbastanza aleatorio. Cosa voglio dire, è esperienza comune che un lavoro che uno valuta un lavoro buono può essere accettato da una rivista molto importante in tempi molto rapidi oppure lo stesso lavoro dalla parte della stessa rivista può essere trattenuto e possono essere fatte delle osservazioni che possono anche essere personali, e questo è relativo al problema del fatto che queste riviste e questi editori devono cercare dei referee e la ricerca dei referee non è molto facile, molto spesso il referaggio dei lavori viene fatto dai giovani, dagli studenti di dottorato…” . Questi estratti sono gli esempi più significativi di come a nostro avviso i cambiamenti in corso possano influenzare l’atteggiamento dei ricercatori rispetto al meccanismo fondamentale di autoregolazione nella comunicazione scientifica. A riprova di tale affermazione si sottolinea come entrambi i ricercatori citati dichiarino di archiviare liberamente online i propri lavori al di là delle restrizioni imposte dalle riviste scientifiche.
Si può pensare, quindi, che l’azione di molteplici fattori quali l’introduzione del mezzo elettronico, la crisi nell’editoria scientifica, la crescita costante del numero di riviste pubblicate, dovuta alla specializzazione spinta, portino i ricercatori stessi ad un atteggiamento critico nei confronti di uno dei meccanismi principali di autoregolazione presenti nella comunicazione scientifica, quale è il peer-review.
Note:
1. M.M. Case, “The Impact of Serial Cost on Library Collections”, ARL Bimonthly Report, 218, Ott. 2001.
2. Durante un’intervista ad un Prof. Ordinario del dipartimento di Matematica di Trento, alla domanda di stimare i tempi che si devono aspettare per una pubblicazione la risposta avuta è stata: “…passa tranquillamente più di un anno, diciamo che 15 mesi è quasi un buon tempo e due anni può essere anche quanto capita di dover aspettare prima della pubblicazione…”.
3. Stevan Harnad, esperto nelle scienze cognitive e del linguaggio insegna all’università di Southampton in Gran Bretagna, ha fondato un’importante rivista del settore come Psycholoquy e ha promosso l’autoarchiviazione online degli e-prints fondando l’archivio elettronico per le scienze cognitive CogPrint. Nel 1994 ha formulato la “proposta sovversiva” (Subversive Proposal), suscitando un ampio dibattito tra i ricercatori sull’Open Access che dura tutt’ora. Tratteremo più estesamente dell’opera di Harnad nel secondo capitolo.
4. La lista di discussione sulle riviste elettroniche del Virginia Polytechnic Institute, la VPJEL.
5. http://arXiv.org vanta negli ultimi anni più di un milione di contatti a settimana, con punte di oltre 3000 articoli spediti mensilmente, con decine di mirrors sparsi per il mondo (dati ricavati dalle statistiche del sito istituzionale).
6. Intervistato: Prof. Associato del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento, specializzato in fisica teorica.
7. Intervistato: Prof. Associato del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento, specializzato in fotonica.
L’immagine è stata realizzata da un bambino di quinta elementare ed è tratta dalla tesi di laurea in Scienze della Comunicazione di Anna Cirelli, dal titolo “Bambini e Scienza. Lo Science Center come luogo per esplorare e sviluppare le conoscenze scientifiche”.