Estratto del capitolo Donne e scienza: a che punto siamo?, di Barbara Saracino. In 100donne contro gli stereotipi per la scienza, a cura di G. Pezzuoli e L. Seveso, Milano, Egea, 2017, pp. 23-34.
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[…] Questo capitolo intende presentare un’analisi secondaria dei dati e delle informazioni più rilevanti e più recenti, provenienti dalle più autorevoli fonti nazionali e internazionali, utili per comprendere lo stato dei rapporti di genere nel mondo della scienza in Italia e in Europa.
Attraverso i dati è possibile chiaramente identificare ancora oggi due tipi di segregazione di genere che agiscono separatamente, ma anche congiuntamente: la segregazione orizzontale e quella verticale.
La segregazione di genere si riferisce alla tendenza di donne e uomini a lavorare in differenti settori e livelli occupazionali. Rispetto al campo scientifico, per segregazione orizzontale si intende la concentrazione di donne e uomini in specifiche aree disciplinari e settori di ricerca. La sotto-rappresentazione delle donne nei più alti livelli occupazionali (per reddito, stabilità e prestigio) nel mondo dell’istruzione e della ricerca è invece definita come segregazione verticale e comprende il cosiddetto glass ceiling (soffitto di cristallo): la presenza di barriere visibili o invisibili che ostacolano il raggiungimento delle donne di posizioni apicali.
Nel 2014 la quota di donne laureate e dottoresse di ricerca supera quella degli uomini in tutti e 28 paesi dell’Unione Europea; raggiunge in media il 58% ed è superiore al 60% in dieci paesi. L’Italia si colloca sopra la media europea, al quindicesimo posto; mentre sotto la media si trovano Grecia, Regno Unito, Paesi Bassi, Spagna, Francia, Austria, Lussemburgo, Malta, Irlanda e Germania.
Nell’ultimo anno in cui il dato è disponibile, i paesi in cui la percentuale di ricercatrici sul totale supera il 50% sono, invece, solo due: Lettonia e Lituania. Quattordici paesi restano sotto la soglia del 40% e sei paesi (Austria, Repubblica Ceca, Germania, Lussemburgo, Francia e Paesi Bassi) non raggiungono il 30%. Il dato complessivo europeo è pari al 33%. L’Italia si colloca anche in questo caso sopra la media europea, al quindicesimo posto, anche se la percentuale di ricercatrici è vicina al 36% mentre laureate e dottoresse di ricerca sono ormai quasi sei su dieci.
Distinguendo il dato per settore di attività, diviene evidente che è quello industriale il settore in cui le ricercatrici sono più assenti. Nel 2013, nei 28 paesi europei, le donne sono un ricercatore su cinque nelle imprese, mentre arrivano al 45% nel privato no profit e sono circa il 41% nelle amministrazioni pubbliche e nelle università. In Italia, nel settore del no profit le ricercatrici sono il 52%, nel settore pubblico sono il 46,5%, nelle università il 40%, mentre nelle imprese raggiungono appena il 21,5%.
Se quello universitario è il secondo settore di attività per presenza di donne ricercatrici in Europa, qual è nel complesso la quota femminile tra i docenti universitari? Nel 2014 le docenti universitarie sul totale dei docenti sono più della metà solo in tre paesi dell’Unione Europea: Lituania, Lettonia e Finlandia. La media europea è pari al 42%; sopra la media si trovano 18 paesi, mentre in questo caso l’Italia si colloca al terzultimo posto, avanti solo a Malta e alla Grecia […].