Le cronache giornalistiche degli ultimi anni – soprattutto a partire dal 2009, l’anno topico per la diplomazia climatica – ci hanno restituito una rappresentazione del climate change quale “big frame”, una grande cornice interpretativa in cui si intrecciano le principali macrocategorie sociali, dalla politica all’economia, dalla scienza alla tecnologia, dalla natura ai comportamenti individuali e gli stili di vita.
Mentre il cambiamento climatico si è guadagnato un ruolo centrale nell’arena scientifica, politica e mediatica, i cittadini, a dispetto del saldo interesse manifestato per la tematica e della rilevanza delle ripercussioni sulla vita quotidiana, rischiano però di essere relegati a un ruolo di meri recettori passivi.
Per restituire al pubblico un ruolo di partecipazione attiva al dibattito sul climate change, la Commissione europea a partire da aprile 2009 ha lanciato il progetto ACCENT, Action on Climate Change through Engagement, Networks and Tools, un programma che ha coinvolto nell’arco di due anni quindici tra science centres, musei scientifici e acquari tra Europa e Israele. Accanto all’organizzazione di laboratori, dimostrazioni scientifiche e conferenze, è stato messo a punto da Observa, partner del progetto, un format di dibattito locale: il Local Citizens Debate (LCD). Sono 25 gli LCD organizzati tra Europa e Israele e che hanno visto scienziati di istituti di ricerca locali, stakeholders, decisori politici e organizzazioni della società civile confrontarsi con i cittadini, per un totale di quasi 700 persone coinvolte e più di 100 esperti. I cittadini hanno avuto l’opportunità di discutere sia tra loro che con un panel di esperti e di raccogliere osservazioni e raccomandazioni sul climate change ai differenti livelli – indirizzate ai media, agli scienziati, al governo locale, nazionale o europeo – da far pervenire all’Ue.
Da nord a sud dell’Europa è emerso come il climate change sia tendenzialmente percepito quale fenomeno lontano, che in genere non viene messo in connessione con eventi locali. Per quanto riguarda le cause del cambiamento climatico, invece, i cittadini non sembrano avere dubbi circa il contributo dell’uomo; le perplessità, semmai, riguardano l’entità della responsabilità umana rispetto ai fattori di origine naturale. Su questo punto la posizione di chi sostiene che i cambiamenti introdotti sono stati troppo veloci dalla Rivoluzione industriale in poi – e specialmente negli ultimi decenni se comparati al ritmo dell’evoluzione nel passato – si scontra con quella di chi pensa che lo sviluppo sia un processo continuo e positivo, che quanto più è veloce tanto più può provvedere nuovi modi di ulteriore sviluppo.
Ad accomunare i due fronti è la richiesta di evidenze e dati scientifici diffusamente accettati dall’expertise, per quanto il numero elevato di fattori intervenienti renda in realtà difficile fornire previsioni “esatte”. A ciò si aggiungano le divisioni in seno alla comunità scientifica, esasperate dalle logiche mediali di esaltazione dei conflitti. Se da un lato i cittadini chiedono più informazione e più ricerca, dall’altro ammettono di nutrire diffidenza circa l’indipendenza tanto dei media quanto degli istituti di ricerca e sottolineano il ruolo che ciascun individuo dovrebbe e potrebbe giocare. Sarebbe necessario un cambio negli stili di vita, in particolare in relazione a energia, cibo e trasporti. Secondo i cittadini si dovrebbe privilegiare l’uso di prodotti che non implichino trasporti di lunga distanza, l’acqua del rubinetto al posto di quella in bottiglia, un maggior ricorso ai mezzi pubblici e attenzione alle luci e ai led accesi inutilmente. Azioni che potrebbero essere incentivate anche in un’ottica di beneficio personale (economico, della salute, del benessere, …). Ma per quanto sembri essersi diffusa la consapevolezza della necessità di mutamenti profondi, lo scatto verso un impegno individuale concreto per lo più ancora fatica a instillarsi; il progresso di scienza e tecnologia avanza a ritmi incalzanti e tra i cittadini resiste la speranza che possa risolvere alcuni dei problemi attuali senza dover arrivare a mettere fattivamente in discussione gli stili di vita.
Silvia Caprioglio è dottoranda presso la Scuola di dottorato in Scienze e Progetto della comunicazione dell’Università di Torino, con una tesi sulla trattazione da parte della stampa quotidiana italiana del vertice di Copenhagen sui cambiamenti climatici. Laureata in Scienze della comunicazione all’Università di Torino e in possesso di un master in comunicazione, è giornalista pubblicista e da anni collabora con differenti testate.
I dati completi saranno esposti nel paper I Local Citizens Debates, un esempio di dialog model sul climate change, in occasione dell’VIII Convegno Nazionale dei Sociologi dell’Ambiente, che si terrà a Brescia, venerdì 23 settembre 2011.