Guarda i video del concerto:
– The Moon & the mirror;
– An ending;
– Moonshadow.
Come arriva un musicista a scrivere il concerto per la Luna e qual è il percorso che lo ha ispirato? Forse parlare dei miei ricordi di bambino e del mio modo molto immaginifico di vedere la Luna e le stelle è il contributo che posso dare. Il contributo di chi rimane stupito e sconvolto davanti a qualcosa che non riesce a capire. Poi nel tempo ho studiato un po’ di più, ho approfondito certi argomenti, e questo mi ha dato molta felicità. Pensare d’essere parte di un progetto enorme e ancora in movimento, aiuta a vivere meglio la vita.
Tutto è nato in modo semplice: avevo sei anni quando volli studiare il pianoforte. Sentivo questa necessità, sapevo che l’avrei fatto e l’ho fatto, anche perché mia madre suonava il pianoforte e le mie sorelle studiavano musica classica. Mi colpì una volta la copertina di un disco, Il chiaro di Luna di Beethoven, dov’era raffigurato il classico cielo stellato con la Luna, quella luna bianca che guardavo spesso affacciandomi alla finestra. La vedevo sempre cambiare, una volta rossa, una volta più gialla, una volta più piccola, una volta uno spicchio. Mi piaceva che quella Luna in cielo fosse la stessa sulla copertina del disco, e quel disco era un suono, aveva una sua atmosfera. Questo è stato il mio primo impatto. Ora non so perché quella Luna mi abbia affascinato e forse non lo saprò mai, però ho capito che per me la Luna era qualcosa di straordinario.
Questo mio rapporto con il cielo si è poi sviluppato, perché quando sono diventato più grande, mi sono interessato non solo di musica classica, ma anche di musica pop. Composi un gruppo con alcuni amici che, con il tempo, crebbe. Diventammo più grandi e pensammo di aver composto pezzi che potevano interessare una casa discografica. Ci recammo a Roma per un provino e i nostri pezzi piacquero. Il direttore artistico, allora, ci suggerì un nome per il gruppo: Pierrot Lunaire, un’opera di Schoenberg, tratta dalle poesie di Albert Giraud, dove Pierrot, una maschera lunare buona e decadente, veniva trasformato in qualcosa di molto più malvagio e trasgressivo. Ecco dunque che tornava la Luna nella mia esperienza: con i Pierrot Lunaire, infatti, facemmo due dischi. Nel frattempo comprai un telescopio e la sera, dalla terrazza, osservavo la Luna, Saturno, e Giove con un paio di satelliti.
Sciolto il gruppo, ho conseguito il diploma di pianoforte. Realizzai un primo disco, Andrè sulla Luna, dove immaginai che un cane facesse un sogno e si recasse sulla Luna attraverso un prisma magico e lì vivesse avventure straordinarie. Un altro disco fu E il pavone parlò alla Luna, ispirato dall’esperienza che ebbi in India di un pavone che miagolava alla Luna. Immaginai questo essere che miagolava a una Luna popolata di creature e di mulini a vento. Fui anche affascinato da un lavoro di Brian Eno, un artista inglese che ho sempre amato e che ha sonorizzato un film sulla missione dell’Apollo. Mi cimentai a realizzare un disco ispirato alle sue musiche, quasi completamente elettroniche, trattandole invece con strumenti acustici e immettendo alcuni pezzi del suo disco ispirato alla Luna. Fu una grande soddisfazione perché lo stesso Brian Eno approvò il progetto. Il mio penultimo disco si chiama Child of the Moon, alcuni notturni ispirati alla Luna, quasi tutti composti di notte o di mattina molto presto. La Luna, infatti, mi ricorda anche la notte: un momento di quiete dove ci si può raccogliere e trovare ispirazione per molte idee.
Arturo Stàlteri è pianista, compositore, critico musicale nonché conduttore di una serie di programmi in onda su Radio Rai 2 e Radio Rai 3. Il pianismo di Stàlteri è altamente evocativo, straniante e, appunto, “lunare”, ma sa anche discostarsi da analoghe esperienze postminimali in virtù di una maggiore robustezza e articolazione nella struttura dei brani. Il suo suono è dunque accattivante e nello stesso tempo corposo, mai privo di sperimentazioni. I richiami classicisti si dirigono verso Debussy e Satie, una metabolizzazione di elementi di storia della musica che riaffiorano a livello quasi inconscio. Nei notturni di Stàlteri alberga una dimensione riflessiva e contemporaneamente giocosa. Nella sua musica Stàlteri pone in essere la ricerca del suono aperto e comunicativo che mai però si traduce in una rinuncia alla profondità dell’emozione.