La valutazione più cautamente positiva è legata alla salute. Gli italiani riconoscono infatti all’utilizzo di test per individuare predisposizioni genetiche verso certe malattie la maggiore utilità, associata al minor rischio e alla maggiore accettabilità sul piano morale. Tuttavia, se modificare geneticamente animali per creare organi da trapiantare è ritenuto utile e moralmente accettabile dalla metà degli intervistati, l’utilizzo di embrioni per la ricerca è percepito come rischioso da due terzi del campione, e meno di un terzo gli conferisce accettabilità morale.
E’ così molto netta la distinzione tra clonazione per consentire di aver figli e clonazione terapeutica: se la prima è respinta, la seconda divide l’opinione pubblica. Il 70% ritiene infatti inutile il ricorso alla clonazione riproduttiva, il 65% la giudica rischiosa e il 65% moralmente inaccettabile. Per quanto riguarda la clonazione terapeutica, ovvero la possibilità di estrarre cellule staminali dagli embrioni soprannumerari provenienti dalla fecondazione artificiale o da embrioni appositamente prodotti a tale scopo, la situazione è incerta, ben evidenziata dall’elevata percentuale di “non so” (13%).
Ricerche e applicazioni biotech: decida il governo, purché siano coinvolti i cittadini.
Per quanto riguarda invece il processo decisionale nell’ambito della ricerca e dell’applicazione della scienza biotecnologica, il 37% degli intervistati ritiene che sia il Governo il soggetto che deve prendere decisioni, mentre il 54% lo ritiene responsabile per eventuali rischi derivanti dalle decisioni prese. Tuttavia, un intervistato su quattro ritiene che i primi a dover essere interpellati nell’ambito della regolamentazione della materia dovrebbero essere le organizzazioni dei consumatori e le altre associazioni a tutela dei cittadini. Le organizzazioni dei consumatori sono anche ritenute dal 40% degli interpellati la fonte più autorevole di informazione in materia di biotecnologia, al secondo posto vengono gli scienziati e le Università (20%).
Condotta su un campione di 1017 soggetti di età superiore ai 18 anni, l’indagine rileva il basso livello di informazione degli italiani in materia di biotecnologie. E la tendenza non è certo confortante: rispetto all’indagine condotta nel 2000 aumentano quanti ammettono la propria ignoranza in proposito (in media quattro italiani su dieci). L’informazione, in ogni caso influisce scarsamente sul giudizio che gli italiani danno alle applicazioni della biotecnologia, che non è significativamente influenzato né dal livello di esposizione alla divulgazione scientifica dei media, né dal livello di informazione effettivamente posseduto in materia. L’elemento che conta sembra essere in questo caso la fiducia nella scienza: il 34% dei più fiduciosi ritiene per esempio utile la clonazione riproduttiva, mentre tra i meno fiduciosi la percentuale è dimezzata.